Poltergeist
Esperienze e cura dei pubblici
Di chi è davvero la colpa, se la platea è vuota?

I fattori che possono far non funzionare un evento sono molti; quando qualcosa va male, gli organizzatori si spaccano la testa per cercare di capire cosa è andato storto (o almeno, dovrebbero farlo…).
Molti operatori culturali danno la colpa a Netflix, al vuoto del mondo contemporaneo, alla pigrizia dei pubblici… Ma siamo proprio sicuri che sia del tutto così?
Molte volte si tralasciano dalle analisi elementi di cura banali quanto fondamentali che, come bombe, distruggono l’esperienza dei pubblici. Ecco perché le consulenze esterne, i questionari di gradimento e le mystery visit sono degli alleati preziosi.
La cura dei pubblici si manifesta in tante piccole attenzioni ed è uno degli ingredienti più importanti per la buona riuscita di un evento.
Se una persona decide di non andare mai più a un evento organizzato in tal luogo o da tale associazione, non lo fa perché lo spettacolo non è piaciuto – in futuro saranno proposte tante altre cose, no? Lo fa perché ha preso in considerazione la sua esperienza nel complesso e l'ha reputata negativa, da non ripetere. E quali sono gli elementi capaci di forgiare, nel bene o nel male, un'esperienza?
Per fare solo qualche esempio, vi propongo una serie di situazioni da incubo. Metterò nomi fittizi, per non turbare la privacy di organizzatori, locali e associazioni.
1. Non aprite quella porta. Quale porta?
A Minneapolis, mi è capitato di suonare in uno storico centro sociale. Ovviamente, non mi aspettavo di trovare il bagno dell’Hilton, ma nemmeno mi sarei mai aspettata di trovare il cesso di Non aprite quella porta. Le condizioni igieniche erano seriamente pericolose – non è un’osservazione schizzinosa – aggravate dal fatto che il bagno era un cubicolo incastonato nel corridoio d’ingresso e non aveva nessuna porta…
2. Caccia al Tesoro
Un’amica mi ha raccontato la sua esperienza a Liverpool, mentre cercava di raggiungere la sede di alcuni concerti, allestiti in un edificio accolto in un parco pubblico. La pagina Facebook e il sito dell'ente organizzatore non offrivano indicazioni precise su come arrivare al posto: le poche informazioni menzionavano solo il nome del parco e la località (si trattava di un parco molto grande, dotato di vari accessi). Google Maps non era utile.
La mia amica ha così deciso di parcheggiare la macchina in un posto a caso, in una delle trafficate vie che costeggiavano il parco. Dopo aver speso una ventina di minuti alla ricerca di un posto libero dove lasciare l'auto, la mia amica – che è una persona sveglia – ha impiegato altri trenta minuti alla ricerca di un accesso al grande parco e poi del sentiero che portava alla sede dei concerti (che "giustamente" non era segnalata in alcun modo, da nessuna parte). La mia amica è arrivata in ritardo e ha perso metà della line-up della serata. Aveva percorso 70 km nel desiderio di ascoltare i concerti proposti.
#la segnaletica è importante #non tutti vivono nel vostro paese #più informazioni date, meglio è: dove parcheggiare, come accedere e... ricordiamoci che esistono anche le persone con problemi di mobilità! #controllate sempre l'esattezza dei dati di Google Maps prima di inserire le posizioni!
3. Birra 1 • Salute!
Un mio amico ama molto andare con largo anticipo ai concerti. Lo fa perché così, prima che inizino gli eventi, può bersi una birra, ambientarsi e fare due chiacchiere con le persone. Andava nello stesso locale tutti i giovedì. La birra alla spina era sempre disgustosamente acida, come se nessuno si fosse mai preso la briga di controllare la spillatrice o i fusti. Un’altra volta, mentre assisteva a un concerto all’aperto, mi ha raccontato di aver passato 40 minuti immobile in coda, ad attendere il suo turno al bar. E non era un concerto dei Pink Floyd.
#certo, se uno vuole bere una birra buona va al pub, ma non è una buona ragione per non occuparsi di quel che si serve #mai sottovalutare la sete dei tuoi pubblici #i volontari sono bravissimi, ma ogni tanto hanno bisogno di una mano #un volontario che ha già lavorato in un bar è una perla preziosa da inserire nel team :)
4. Birra 2 • La peste
Spesso i punti ristoro dei festival sono gestiti con tanto impegno da volontari e volontarie operose. Da qualche anno i festival offrono i bicchieri in plastica ecologica su cauzione, un gesto inestimabile per abbattere sprechi e inquinamento. Tutto bene, no?
Ora vi farò notare una cosa e il vostro mondo non sarà più quello di prima: quante volte, mentre vi spinavano una birra nel bicchiere che avevate già usato, avete visto il beccuccio dello spillatore sprofondare all'interno del liquido versato nel vostro bicchiere, tutto ammantato dal mare di schiuma? Piuttosto spesso, no? Bene.
Ora pensate che, prima di voi, questa stessa operazione del beccuccio nel liquido era già stata fatta con qualcuno che, chessò, aveva la mononucleosi. Ho avuto questa visione epifanica durante la pausa estiva della pandemia 2021, quando me ne stavo in coda al punto di ristoro di un festival all'aperto molto preciso e rigoroso riguardo l'uso delle mascherine. Cin cin!
#anche ai festival vigono norme igienico-sanitarie #i volontari sono bravissimi, ma ogni tanto hanno bisogno di una mano #un volontario che ha già lavorato in un bar è una perla preziosa da inserire nel team :)
5. Gentilezza, auguri e figli maschi
Da vegana, ai festival faccio davvero fatica a trovare qualcosa da mangiare. Una sera, invitata a esibirmi al Festival Che Non Vi Dico, l’unica cosa rimasta della quale potevo cibarmi era una minuscola – minuscola!! – porzione di patatine fritte. Gli organizzatori erano consapevoli della mia dieta, che segnalo sempre molto bene nella mia scheda tecnica (mi basta un piatto di pasta al pomodoro eh, non chiedo la mistica quinoa ai sapori del mondo!).
Nel 2022, sfamarmi resta sempre molto complicato (in Italia).
#rispettate gli artisti #rispettate la diversità #certo, il festival non è un ristorante, ma ciò non significa che non si debba avere attenzioni per le persone che hanno problemi alimentari o che hanno fatto scelte di vita diverse dalla vostra #vegano non vuol dire tofu&soia da 8 milioni di dollari.
6. Chissà, chissà, chissà
Una certa associazione di Pearl Harbour è solita non mettere alcuna descrizione degli artisti nei suoi eventi on-line, come se tutti dovessero conoscere l’intero scibile della musica indipendente. Questo atteggiamento non mi ha mai dato l’impressione di essere un’azione che potesse suggerire ai pubblici di fidarsi, a scatola chiusa, dei gusti del curatore.
Mi è sempre parsa una pura sciatteria, un'occasione persa per trasmettere curiosità.
#non trattate i vostri pubblici con scontatezza, superiorità o implicita volontà di esclusione #presentate gli ospiti delle rassegne usando linguaggi semplici e chiari #presentate sempre i vostri ospiti, anche se sono il Mino Reitano del clubbing
7. Birra 3 • Il fascino indiscreto della IPA
Una volta ho acquistato i biglietti per due serate organizzate in un celebre museo d’arte contemporanea. Ho speso più di quanto mi andasse di spendere, ma l’ho fatto volentieri perché la location era imperdibile e la line-up pure. Appena arrivata, per temporeggiare, ho acquistato al banchetto delle IPA una birra – costosissima, ma c’era solo quella. Nessuno mi aveva avvisato che avrei dovuto consumarla esclusivamente al banco, perché con la birra in mano non si poteva accedere alle performance. E così, poco dopo, all’inizio della prima performance, ho dovuto scegliere se:
A) tracannare il mezzo litro tutto d’un fiato, con la possibilità di rigettare il liquido sui miei amici facendo un conto alla rovescia che neanche alla NASA
B) buttare via 8.50 € e lasciare la mia birra sul bancone
C) perdere la prima performance per finire la birra con calma
A malincuore, ho scelto l'opzione B, ma se avessi saputo che i posti erano già esauriti, avrei scelto la C: riuscii a vedere 1 performance su 3, perché la capienza degli spazi era sempre esaurita, nonostante avessi acquistato regolarmente un biglietto per gli spettacoli.
Ricorderò quest’accaduto per sempre. Per sempre. Per sempre…
#non promettete cose che non potete mantenere #non tralasciate dettagli che a VOI sembrano scontati, ma agli altri chissà...
[Ma perché vi ho raccontato ben 4 episodi sulla birra e i punti di ristoro? Serve dirlo davvero? Se organizzate eventi da tempo, credo proprio sia il caso di lasciare a Pulcinella il suo segreto].
8. Bob Marley e il mixer maledetto
Quella sera, al locale, il fonico addetto alla gestione del suono stava vivendo le sue good vibration: era del tutto evidente, e andava bene così. Ma andò bene fino a quando non iniziò il concerto e tutti i suoni catturati dai microfoni disposti sul palco cominciarono ad andare in controfase – cose che neanche Steve Albini potrebbe forse concepire con la sua sapienza. Il risultato fu che tutti noi ascoltammo qualcosa di incredibile... Che non era la musica reale della band. Morale della favola: l’erba verde è buona, ma è meglio che se la goda il vicino, e non il fonico…
#sinceratevi che ogni elemento dello staff faccia bene il lavoro che ha in carico
9. Rumori dall’oltre tomba
Anche questa storia ha a che fare con il suono, ma questa volta riguarda l’impianto. Per tutto il tempo del concerto indie e malinconico che stavo ascoltando – sì, lo so, potevo anche stare a casa – il mio orecchio destro fu perseguitato dal gracchiare di una cassa. Un cono sfondato? Probabile. Il continuo disturbo mi ha impedito di immergermi nell’emotività della performance e mi ha dissuaso dal frequentare altri concerti proposti in quel luogo.
#gli inconvenienti tecnici possono capitare, ma se siete consapevoli che il vostro impianto fa schifo e ve ne fregate, forse dovreste cambiare mestiere
10) Ciao e grazie
Più di tutto, non sopporto quegli eventi dove arrivi, ti siedi, guardi lo spettacolo e vai via. Dove posso intrattenermi a parlare con gli amici che non vedevo da un secolo? Ah, già, c’è il parcheggio. Ciao e... grazie!
#le persone vanno agli eventi anche per socializzare, ricordatevelo prima di indossare il maglione col collo alto e accendervi la pipa