Poltergeist
Aiuto! Le parole di plastica!
Quante parole di plastica usate nella vostra comunicazione?

L'uso delle parole di plastica è una pessima abitudine nata dall'impatto deflagrante dei nuovi modi della comunicazione: ogni giorno subiamo un continuo bombardamento di pubblicità e slogan che plasmano il nostro linguaggio come parassiti, creando nelle nostre menti un vocabolario subconscio di banalità piuttosto lesive.
Le parole di plastica non sono solo vuote ovvietà: sono anche sinonimo di una comunicazione frettolosa, che mostra poco rispetto e cura nei confronti del nostro personal branding o della brand identity (brrrrr...! Che brutte, le parole del marketing!).
Non avete ancora capito di cosa sto parlando?
Ecco qualche esempio di parole di plastica:
- Edicola Cicciopacchio: giornali... e molto altro
- Vi offriamo un servizio a 360°
- un'azienda innovativa
- un'azienda leader nel settore
...
Le parole di plastica sono tutte quelle parole, trite e ritrite, che non comunicano in nessun modo la personalità di un marchio o di un'attività: si rifanno a un grande vuoto di idee, riverberato ininterrottamente. Le parole di plastica sono stereotipi linguistici, formule condivise, generiche e inespressive che vengono impiegate solo per cercare consenso.
Le parole di plastica non vogliono dire più o meno nulla, ma riempiono i discorsi.
Come afferma Elisabetta, autrice di questo articolo illuminante nel blog di Pennamontata:
" Queste mode linguistiche, che nascono rapidamente e sono dilaganti, uniformano il linguaggio, impoveriscono il lessico e rendono la nostra lingua ripetitiva.
Credete che le parole di plastica non abbiano invaso e colonizzato la comunicazione dell'industria musicale? Se la risposta è "sì", allora vivete in una località remota nei pressi di Alpha Centauri.
Qualche esempio? Vi elenco 10 parole di plastica tipiche del settore musicale:
• Progetto
• Sperimentale / Sperimentazione
• Ricerca
• Oscuro
• Onirico
• Tappeto
• Trascendente / che trascende / trascendentale
• Visionario
• Speciale
• Innovativo
Siamo onesti: quante volte vi capita di imbattervi in queste parole? Alcune sono usate in modo errato – dei veri e propri strafalcioni, altre invece sono un mero riempitivo. Oggi vi delizio con le mie tre parole di plastica preferite, quelle che mi provocano l'ulcera e il grande desiderio di trasformarmi in Nicolas Cage in Via da Las Vegas per la disperazione:

Prima di usare questo termine, vi invito a dare un'occhiata alla definizione che ne dà il vocabolario. Progetto è qualcosa in divenire, una possibilità, qualcosa che si intende fare. Se avete una band o lavorate come solista e avete inciso un disco, quel disco difficilmente può essere un progetto musicale. È un vostro prodotto, bell'e fatto. Se invece avete in previsione di collaborare con qualcuno, allora quello è un progetto.
Non vorrei essere pedante, ma è dagli anni '30 che compositori e musicologi chiariscono il termine "sperimentale" nella musica, e NON è – ve lo assicuro – una parola da usare con leggerezza per indicare che nella vostra carriera avete attraversato molti stili e nemmeno la potete usare per descrivere le jam in sala prove. Poiché la questione è lunga e complessa, vi rimando ai due post che ho dedicato alla storia del termine nel blog delle Brevi Storie.
Quanto al Tappeto sonoro, non c'è molto da dire: se usate la parola tappeto semplicemente disprezzate la vostra musica e siete anche allegramente inconsapevoli – come direbbe Miranda Priestly – dell'esistenza di una parola adeguata: stratificazione.
Non suona forse meglio, stratificazione di suoni?
O vogliamo proprio pulirci i piedi sulle interessanti opere musicali?
In conclusione: attenzione alle parole di plastica. Prima di scrivere, pensate davvero a quello che vorreste trasmettere ai lettori. E se non avete tempo o non sapete come si fa, ingaggiate un professionista!